domenica 14 agosto 2011

"POESIAS". Scrivo di te (Dedicata a Fabrizio De Andrè)


Per la sensibilità nel contemplare l’amore,
quello difficile, quello senza programmi,
quello sacro e quello profano,
quello profondo e quello superficiale,
rendendolo tutto in un’unica insuperabile magia…

Per aver colmato quella distanza
tra i fondali dei Pacifici e le vette degli Everest
con parole ed idee, con sentimenti variopinti
Per quell’operaio che dipingevi re
e quella regina che rendevi contadina…

E per quel Dio illusorio, che tenevi nell’anima
che ritenevi offeso poiché sfruttato per scopi poco nobili,
di cui piangevi il figlio attribuitogli

Per tutte quelle battaglie,
che dai tuoi pentagrammi attraversano ancora il mondo
dal Nord al Sud, nessuno escluso

Per le tue parole, per i tuoi pensieri
scolpiti senza tempo, ma in posti ora troppo distanti

Per l'amore dimostrato alla mia Terra, che hai fatto tua
e per la solidarietà dimostrata, dall'alto della tua grandezza
a chi proprio in questa Terra, come dicevi tu, non poteva fare altrimenti

Per questo e molto altro ancora, che poi ti dirò

Io scrivo per te

E so che mi scuserai se non ne sono capace,
perché non è colpa mia, in fondo, se nessuno mi imparò la direzione…

Sappi, inoltre, che oggi forse più che mai
Andremo ancora alle loro porte e grideremo ancora più forte

“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.”

Scritta il 18 Febbraio del 2010, giorno del settantesimo compleanno di Fabrizio De Andrè. Una piccola dedica al Poeta senza tempo.

Grazie davvero di tutto, Fabrizio.




sabato 6 agosto 2011

"OSPITADAS". Alessandro Medda: Sardegna, quale indipendentismo?

Vorrei parlare di tutt’altro, sia chiaro sin da subito, di temi molto più superficiali e leggeri, magari più appropriati al periodo. Ma molte affermazioni intorno a ciò che la Sardegna è ora e a ciò che potrebbe essere nel futuro, non soddisfano per nulla la sete di verità che la mia coscienza prova in questo momento.
Leggo fiumi di parole che parlano di un isola simile ad un paradiso, che potrebbe vivere di turismo ma che non riesce e forse non riuscirà mai, a sfruttare appieno le proprie risorse e le proprie fortune, schiacciata ed oppressa da ciò che lo Stato italiano non ha mai fatto: infrastrutture, collegamenti marittimi, mancate entrate e via dicendo. Si potrebbe continuare all’infinito, tutto vero purtroppo. Lo Stato ci ha prima sedotti e poi abbandonati al nostro destino, e soprattutto ha reso possibile che due termini come isola e isolatezza divenissero lo stesso determinismo.


Premesso ciò però qualcosa non quadra: siamo davvero una regione a vocazione turistica? E in secondo luogo, siamo preparati tecnicamente a sfruttare questo importante potenziale?


La mia sensazione, ed è molto di più che un sentore, è abbastanza negativa al riguardo. Storicamente siamo una regione a vocazione agro-pastorale e questo è risaputo. Alla base di una rivoluzione economica ci deve essere per forza una rivoluzione culturale e sociale, fatto che non ha sfiorato neanche minimamente la nostra Sardegna arroccata alla sua arretratezza strutturale.


Tutti a parlare di indipendenza, quando invece dovremmo pensare in primis ad emanciparci noi da logiche e idee vecchie quanto dannose. Capire che per far grande la nostra isola dobbiamo innanzitutto far grandi noi, ed attrezzarci in modo tale da far sì che un giorno la Sardegna sia davvero indipendente a livello economico, sociale, politico e culturale. Dobbiamo essere noi i primi a cambiare e ad automotivarci verso questa rivoluzione. 


Questo pensiero negativo nasce dal fatto che nell’isola abbiamo una tra le medie percentuali di diplomati tra le più basse in Italia, dal fatto che la maggior parte non parli e non capisca una lingua chiave come l’inglese, per il fatto che moltissime persone non sanno nulla di hospitality.  Allora dove vogliamo andare?


Dovremmo essere noi i primi ad autoincentivarci per il raggiungimento di questi obiettivi, ma forse siamo troppo pigri e preferiamo stare a guardare una regione che va in malora buttando via il suo potenziale e preferiamo incolpare gli altri, in primis lo Stato, di ciò che non è stato fatto ma che in fondo si potrebbe fare. Forse è molto più semplice. 


Poi è ineccepibile il fatto che le cose dall’alto non funzionino per nulla. Basta prendere ad esempio una città come Cagliari: dovrebbe essere la Capitale del Mediterraneo, ed invece a mio avviso è la Capitale dello scazzo del Mediterraneo. Una città prettamente per vecchi in cui si riesce addirittura a sprecare e rovinare un potenziale come la spiaggia del Poetto. Lasciando stare per un attimo la questione penosa del ripascimento, è una spiaggia che si presenta al turista priva di locali o discoteche, priva di qualsiasi comfort, priva anche di sabbia, in cui se un turista arriva nell’unica discoteca aperta della spiaggia (Il Lido) senza una camicia, viene lasciato fuori come fosse un cane! 


Ecco la mentalità che bisognerebbe biasimare e cambiare assolutamente: perché un turista dovrebbe spendere un mucchio di soldi per venire a Cagliari e scazzarsi mentre potrebbe spendere la metà ed andare in mete come Rimini o Barcellona ed avere un ampio ventaglio di scelta?  Siete mai stati a Barcellona? Lì i locali fanno a gara per accaparrarsi il turista, offrendogli addirittura un paio di giri di drink pur di farlo entrare. Lì non ti fanno storie se non hai la camicia. Li si divertono e creano economia. Ma tranquilli, ora è ufficiale: l’ex ospedale Marino verrà ristrutturato e diventerà un lussuoso…centro benessere!! 


Nello stesso istante in cui sto scrivendo, di colpo mi ricordo che ho vissuto per un breve periodo in  Australia. Bellissima esperienza che ha segnato per sempre la mia vita. Tralasciando i sentimentalismi e ripensando a quanto vissuto, mi resi subito conto che a prima vista questa grande isola è tanto simile quanto diversa alla nostra. Simile per quanto riguarda la bellezza del paesaggio. Pur non avendo visitato poi cosi tanti posti, causa grandezza del continente e brevità del periodo in cui son stato, ti accorgi subito di che meraviglia sia: mare, montagna, deserti con un infinità di fauna e flora diversa ma altrettanto fantastica, esattamente come la nostra.


Subito mi accorsi della differenza nello sfruttare tale splendore. Un'organizzazione turistica che lascia soddisfatta qualsiasi classe sociale o qualsiasi fascia d’età. Sei un giovane con moderata disponibilità economica ma che vuole divertirsi? Troverai ostelli e locali ovunque! Sei un anziano che vuole godersi la calma immerso nel verde? Troverai tanti centri benessere e hotel di varie stelle! Hai 2 giorni liberi dal lavoro? Ci son tantissime agenzie di viaggio in cui dei giovani dinamici, ti organizzeranno in men che non si dica una mini vacanza nello splendido outback australiano! Sei curioso e vuoi esplorare il deserto? Con 2 soldi affitti un camper che prenderai da un lato di una costa e lascerai poi alla fine del viaggio nel lato opposto!  


Insomma, ad esser sinceri a mio avviso non c’è proprio paragone, son veramente pronti ed organizzati a sfruttare le loro risorse in chiave turistica. 


E allora, secondo me, con un po’ di umiltà dovremmo seguire questi esempi positivi e capire che ogni Stato o Regione è fatta di uomini e son proprio questi ultimi ad essere artefici dei propri destini. 


Possiamo cambiare le sorti della nostra isola, ma in primis proviamo a cambiare noi, cosicché un giorno si parli della Sardegna non più come regione potenzialmente florida ma succube delle proprie paure, bensì come una Natzione che ha saputo sfruttare appieno la fortuna di essere l’isola più bella del mondo.





lunedì 1 agosto 2011

"OSPITADAS". Claudia Satta: Conoscere è la vera integrazione

E oggi, in Italia, è il primo giorno di Ramadhan.
I telegiornali passeranno la notizia, probabilmente non approfondendone realmente il significato, ma ci saranno diversi programmi (più dell'anno scorso) che cercheranno di darne una spiegazione religiosa, tecnica, laica o di fede, io vorrei dare la mia.

 Ho fatto Ramadhan, per ben due volte.
Mio marito è musulmano e non potevo condividere con lui ogni cosa della nostra vita senza capire anche cosa provasse in questo lungo mese di digiuno.

Ricevo mille "ma ti sei convertita?" ogni volta che cerco di spiegare l'islam in tutte le sue facce belle e brutte, perchè sì ne ha di brutte, ma ne ha davvero di belle.
Il Ramadhan è una di quelle.

Io vorrei contribuire a farlo conoscere a chi ha l'attenzione di leggere e di ascoltare.
Anzitutto di cosa si tratta: si digiuna dall'alba al tramonto, e per digiuno è inteso completo: liquidi, cibo, vizi.
Quindi niente acqua, caffè, latte, né pane, pasta e qualsivoglia alimento! E poi niente sigarette, né sesso.
Al tramonto si può riprendere la vita normale. Ed ecco qui il primo mito da sfatare.
Non ci si abbuffa come matti una volta arrivati al tramonto! :) è impossibile farlo, perché lo stomaco si rimpicciolisce giorno dopo giorno e si sente sempre meno il morso della fame. Mangiare troppo farebbe solo del male.

Il senso del Ramadhan non è un sacrificio, non è una punizione, né un'espiazione dei propri peccati, il senso del Ramadhan è la famiglia, è la condivisione, la solidarietà.
Quando passi tutto il giorno senza mangiare, quando non bevi un sorso d'acqua anche se ci sono 40 gradi all'ombra, ti senti stanco, affaticato, affamato, soprattutto affamato, ma sai che alla sera, qualcosa da mangiare lo avrai, sai che alla sera torni a casa dalla tua famiglia, in compagnia di chi ti vuole bene in qualche modo, e che sta condividendo con te le difficoltà di un giorno pesante e lungo... molto lungo... ma pensi anche a chi non avrà tutto questo... a chi mangerà da solo, perché non ha nessuno vicino, a chi non tornerà a casa perché ancora deve lavorare tutta la notte, a chi proprio non mangerà, perché non ha di che mangiare... e sai che per queste persone non finisce il digiuno una volta passato il mese di Ramadhan, per loro la vita è questa e solo questa.

E allora rifletti.
Rifletti sulle tue fortune, rifletti sulle tue disgrazie.
E vedi che le tue disgrazie non sono poi tali, perché hai delle fortune.
Capisci che qualunque siano i problemi che la vita ti metterà davanti, qualunque siano le difficoltà che dovrai affrontare, hai il dono di un porto sicuro, hai la certezza di un rifugio.
E al pensare a chi non lo ha non è che ti senti più fortunato (cosa che sarebbe estremamente egoista e poco utile all'umanità) ma senti il desiderio di essere quel "dono" per loro.
Nel mondo arabo, ora, la sera tutte le porte sono aperte, all'ora di cena se qualcuno passa e non ha di che mangiare, si siede alla prima tavola che trova e mangia. 
Anche se è troppo lontano da casa per arrivare in tempo al suono del Magrheb. Si ferma e mangia con la famiglia del momento.
Tutti ora, possono essere la famiglia del momento.

Anche noi nelle nostre tradizioni filo cristiane abbiamo il momento della famiglia, abbiamo il Natale, abbiamo le domeniche, per quanto si possa anche dire che si stiano perdendo, non hanno comunque lo stesso senso del Ramadhan. 
Si tratta di un qualcosa di più intimo, di più viscerale, ti tocca dentro non solo con la solidarietà e carità, ma ti prende allo stomaco, metaforicamente parlando e no.

Esistono certo delle persone che fanno Ramadhan giusto per fare, esistono quelle che lo fanno tenendo il rancore di chissà quali sfregi e offese ricevute, esistono anche le persone che fanno Ramadhan e poi si fanno esplodere in nome di una religione semi inventata, ma quelle persone, non è che abbiano proprio capito il senso di quello che stanno facendo... tanto quanto chi va la domenica in Chiesa e parla male della vicina di banco tutta la messa, o dei preti che portano in sagrestia i chierichetti con ben poche buone intenzioni, tanto quanto chi dice di essere cristiano e "non tollera" i musulmani.
Questi non sono i modi né dei veri musulmani, né dei veri cristiani.

Io, nel mio piccolo, da cristiana, da musulmana, oggi voglio fare Ramadhan con voi, voglio fare del mio Ramadhan un qualcosa di utile e darvi testimonianza di un mondo così diverso dal nostro, ma così vicino.

Sarete più gentili.
Magari in spiaggia, al prossimo "vu cumprà" che passa, digiuno da acqua e cibo, che vi stressa per fare due soldi, lo guarderete in modo diverso, saprete leggere nei suoi occhi una parte di se che vi era sconosciuta.
Magari i fazzoletti al parcheggiatore abusivo, questa volta glieli comprerete e non gli augurerete di ficcarli in chissà quale posto sconosciuto al sole.

Oppure li invidierete.
Invidierete la loro capacità di essere coerenti, di fare in prima persona i sacrifici che servono alla vita, di avere la forza di continuare a vivere lontani da casa, da quel porto sicuro per pochi soldi, e per alcuni neanche per quelli.
Invidierete questo grande insegnamento che porta l'islam e che renderà uniti per sempre popoli e famiglie.
Invidierete quella strana capacità di saper sempre sorridere dietro quei faccioni scuri.

In ogni caso spero solo che siate più capaci di capire le vostre fortune, di vedere oltre le vostre lamentele e di trovare la forza di tirare avanti sino al tramonto, perché al tramonto avrete sempre qualcuno ad aspettarvi  a casa.