lunedì 30 gennaio 2012

L’insostenibile insicurezza dell'essere sardi

Al termine di una settimana caldissima per quanto riguarda la Sardegna, vorrei condividere quelle che sono le mie impressioni sui fatti accaduti.

La rivolta degli autotrasportatori, dei pastori sardi, del popolo delle partite IVA, degli operai del Sulcis, tante sono le cose da considerare di questa settimana che ho passato a cercare di capire qualcosa, quali fossero non le ragioni, poiché quelle sono agli occhi di tutti, ma le richieste e le proposte di questa fetta del popolo sardo. Premetto che dirò molte cose che saranno impopolari, soprattutto in un momento di grande fervore come questo. Ma questo non significa certo che non mi faccia soffrire vedere dei giovani disoccupati, dei padri di famiglia cassintegrati prossimi al licenziamento, degli artigiani e commercianti vessati dalla pressione fiscale o da Equitalia e dei pastori sardi piangere amaramente per una situazione aggravata dalla quasi totale assenza della politica.

Eppure per quello che è il mio punto di vista mi trovo costretto a denunciare l’ennesimo caso di italo-centrismo e di insicurezza dell’essere sardi.

Parlo soprattutto di quanto visto e sentito nella trasmissione riparatoria di Oliviero Beha dopo l’uscita di Paolo Villaggio, dopo l’ultima puntata di “Servizio Pubblico” di Michele Santoro e della conseguente intervista alla trasmissione "In 1/2 h" di Lucia Annunziata di Antonello Pirotto (nella foto), operaio dell’Eurallumina di Portovesme divenuto popolare per il suo “non mi devi rompere i coglioni” al Senatore Castelli.

Partendo dal “Blocco della Sardegna”, considero subito l’avventatezza dell’azione come dannosa nei confronti di tutti. Non abbiamo mai brillato per coesione popolare e quindi per azioni concertate, questa era una grossa occasione e abbiamo toppato alla grande, mettendo in atto un teatrino dove ognuno interpretava un po’ come voleva la manifestazione, dando un senso di disperazione senza nessun moto costruttivo. Si è sbagliato non nel modo, perché ero e resto favorevole ad un’azione forte, ma negli intenti e nella maniera in cui tutto è stato un po’ campato per aria, nonostante la “Consulta dei Movimenti”*. Da considerare che la suddetta consulta non si è formata prima del Blocco, ma durante. Figuriamoci il grado di azione concertata e tesa anche a dare l’impressione di unione del Popolo sardo, come invece sarebbe dovuto essere.


(* mi dicono che la "Consulta dei Movimenti esiste dal 23 settembre 2011, ma io mai l'avevo sentita nominare, chiedo scusa per l'inesattezza)

Cosa chiedevano queste persone? Confesso che ci ho messo un po’ a capirlo e forse non l’ho nemmeno capito del tutto. Ma questo potrebbe essere un problema mio. Da quello che ho capito, si chiedeva la diminuzione del costo del gasolio, il foglio di via per Equitalia e la proclamazione dello stato di crisi.
Quindi ancora favori dallo Stato italiano. Ancora l’insostenibile insicurezza dell’essere sardi. Centu concas e centu berrittas. Pocos, locos y malunidos, ancora una volta. Questa volta nell’intento di unirsi, però.  Ancora una volta, l’ennesima, col grido di “andiamo tutti a farci sentire a Roma”. Forse i Pastori Sardi hanno dimenticato di essere stati rapiti a Roma e di esser stati presi a manganellate, di aver subito una vera e propria repressione da Stato fascista. O non l’avranno capito?

La fretta non è mai stata buona consigliera e tanto meno lo è stata in questa occasione. Nella fretta di emulare il Popolo siciliano, non s’è organizzato nulla o s’è organizzato il tutto partendo da Facebook, che non è male. Ma poi bisogna vedersi, elaborare, creare un documento condiviso e poi agire, se si vuole agire.
Invece no: tenendo presente il male fatto dai Forconi siciliani, qua l’unica cosa che è andata meglio è stato evitare le gomme bucate delle macchine, il non bloccare veramente ma far rallentare il traffico ed ottenere la solidarietà di chi ancora non si trova con il fuoco ai piedi.

Tornando alle richieste, mi chiedo: perché chiedere ancora favori allo Stato italiano quando la soluzione di buona parte di questi problemi è nel nostro Statuto, quindi nostro diritto, quindi ancora LEGGE?

Perché, visto che le soluzioni ci sono ci ostiniamo a voler “andare a Roma a farci sentire”?

Nel nostro Statuto ci sono gli art. 8 e 9 che ci permettono di istituire una Agenzia delle Entrate della Regione Sardegna e di riscuotere i nostri tributi, per poi dare allo Stato quello che ci spetta. Se lo Stato italiano ci deve 10 miliardi di Euro è anche per colpa della nostra politica e, indirettamente, colpa del nostro italo-centrismo che non ci ha mai portato a voler far rispettare gli articoli del nostro Statuto. Cari operai di Portovesme, badate bene che con quei 10 miliardi si può curare meglio la rete infrastrutturale talmente tanto da far scendere parecchio i costi di produzione, quegli stessi costi di produzione che portano le multinazionali e le altre aziende ad andare a produrre da un’altra parte perché qui costa molto di più. Tutto costa molto di più, a partire dall’energia e dai trasporti. Nello specifico, caro Antonello Pirotto operaio Eurallumina, non puoi sostenere tra le altre cose che occorrerebbe metanizzare l’isola come se fosse parte importante della panacea dei mali dell'isola. Ricorda che le risorse di metano sono stimate in 30 anni. Togline almeno 5-7 per la realizzazione del Galsi, ne restano 23-25. Soluzione immediata (?), ma che nel medio-lungo termine rimarrebbe solo un’altra grande incompiuta voluta dalla politica lobbistica affaristica sarda. Non me ne vogliano gli operai, ma voi siete le vittime principali e più dirette del “Piano di Rinascita” degli anni ’60, di cui il fallimento è sotto gli occhi di tutti. Imprese e multinazionali che sono venute qui, hanno usufruito di finanziamenti pubblici e che ora lasciano solo morte, distruzione ed inquinamento. E l’inquinamento peggiore che si possa desiderare è quello da polveriera sociale, l’inquinamento peggiore sono la disoccupazione e/o la cassintegrazione, che come conseguenza hanno  la depressione e la rabbia.
Dovreste chiedere alla nostra classe politica di agire con forza contro questi poteri, dovreste chiedere d’essere formati per  le bonifiche dei posti che hanno distrutto materialmente ed a livello sociale, dovreste chiedere il rispetto della dignità e del lavoro, per arricchirvi anche professionalmente, in attesa che quelle terre vengano reinventate lavorativamente parlando. Questo a mio parere dovreste chiedere, non di perseverare su errori già commessi 50 anni fa. Voi che chiedete lo sconto sul gasolio perché abbiamo la raffineria tra le più grandi d’Europa, perché non vi sentite autorizzati a chiedere lo sconto sulle confezioni del latte, dei succhi di frutta confezionati col Tetrapak o sugli infissi in alluminio che realizzano qui, inquinando? Domande!

Ed artigiani e commercianti contro Equitalia? Contro Equitalia ce ne sarebbero molte da dire. Ma ho da dire a chi sostiene che l’art. 51 non sarebbe risolutorio contro Equitalia, interpretandolo come richiesta di favori allo Stato italiano: cari signori, l’applicazione dell’art. 51 è nostro diritto, non un favore che chiediamo all’Italia. E’ legge  che sta tutta nel nostro Statuto, non interpretatela in quella maniera lì. Interpretarla in quella maniera lì deriva dall’insostenibile insicurezza dell’essere sardi, che ci porta a non voler nemmeno lontanamente sembrare sottomessi da parte dello Stato. E’ invece un rapporto alla pari: io non ti chiedo l’applicazione degli articoli, io te lo impongo perché è mio diritto imporlo.

Oppure chiedere l’applicazione dell’art. 12, che ci consente di creare delle zone franche all’interno del nostro territorio. Almeno per un periodo, non di certo vita natural durante. Anche qui non si deve interpretare come un favore, ma come un diritto scritto, una legge.

Ecco, prima dei “Blocco della Sardegna” avrei voluto che le persone che volevano prendere posizione (non di certo però per farsi sentire dallo Stato italiano) avessero organizzato dei tavoli a cui sedersi per parlare di queste questioni e condirle con altre soluzioni.

Usciamo fuori dall’idea di Sardegna Madre morente e disperata, usciamo fuori dall’idea del sardo colonizzato e tartassato perché tenete presente che il colonizzatore colonizza anche perché è il potenziale colonizzato è ben disposto ed arrendevole, o semplicemente troppo pigro. E qui siamo sempre stati, per una serie di motivi, troppo disposti a delegare a terzi il nostro futuro. Forse è ora che decidiamo noi del nostro futuro, partendo da questo presente e consapevoli del nostro passato.  
Come un figlio che prende finalmente coraggio e responsabilità per andar via di casa, per godersi la propria libertà e voler percorrere la propria strada, con i pro e i contro, ma sempre decidendo da solo il da farsi e gestendo al meglio le proprie capacità e risorse. 

Usciamo fuori dall’italo-centrismo, non ci servono favori quando abbiamo i diritti e le leggi da far rispettare.

Il pensiero che ci porta a chiedere favori o a pensare che stiamo chiedendo favori deriva dall’insostenibile insicurezza dell’essere sardi.

Il pensiero ricorrente che ci porta ad “andare a farci sentire a Roma” deriva dall’insostenibile insicurezza dell’essere sardi.

Gratzias po s’attenzioni

De Deximeputzu, Regioni de Casteddu, Sardigna

Restiamo sardi



7 commenti:

  1. Condivo del tutto quanto da te scritto. In particolare mi "spaventa" non poco la mancanza di proposte e la poca organizzazione della protesta.

    Giusto per evitare polemiche, ritengo la protesta sostanzialmente giusta, ma noto molte differenze di fondo rispetto agli obiettivi che ogni parte persegue (c'è chi parla di indipendenza, chi di abolire il fisco, giusto per dirne due).

    Questo provoca anche una differenza di atteggiamento rispetto alle azioni da portare avanti, punto che "spiazza" chi segue con interesse questa protesta.

    Comunque ribadisco che la mancanza maggiore è sul piano propositivo.

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  2. Quello che più mi spiazza è sentire certi indipendentisti di lungo corso parlare di "stato di crisi", di "trattativa con lo Stato italiano", "ribasso del costo del carburante". Questo sì che mi spaventa, mi sembra che stiamo ballando su passu torrau, 1 passo avanti e 2 indietro. Questo intendo quando parlo di italo-centrismo. Auspico che tutti gli indipendentisti che fanno parte di partiti e/o movimenti imparino prima di tutto a pendere meno dalle labbra dei loro leader e a prendere meno per oro colato quello che questi dicono. Vorrei che imparassero a non aver paura di alzare la voce (senza prepotenza) quando qualcuno di loro dice una cosa che non va bene. E' sempre la stessa storia che si ripete in situazioni diverse: il sardo che delega a terzi il proprio destino.

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  3. sembra quasi che gli indipendentisti di cui stai parlando, siano i primi a non credere nelle idee che professano.

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  4. Perché, possono essere definite idee quelle? Io le definirei come un ulteriore inchinarsi all'evidenza dell'italo-centrismo, spinti appunto dall'insostenibile insicurezza dell'essere sardi e di volerlo essere veramente.

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  5. mi riferivo alle idee indipendentiste in genere, mentre queste, ossia quelle messe in campo dalla consulta, sono davvero all'insegna dell'italo centrismo.

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  6. Va bene trovare un punto d'incontro, ma mi viene da pensare che certe idee partano proprio da una certa area indipendentista. E questo sì che è preoccupante.

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  7. Sono sempre stato convinto e lo saro' sin che campo, che essere indipendentista non puo' fare rima con opportunista. fare, professare e concretizzare l'indipendenza della nostra terra puo anche essere l'occasione per mettere in atto una improvvisa dieta dimagrante.Purtroppo I nostri conterranei vogliono ancora essere la rappresentazione figurata del detto: Daimi pane chi ti naro babbu e vanno a ancora a Roma a rivendicare un piccolo aiutino sognando di essere trattati "comente canes presos a sartizza". conosco qualcuno che ha preso manganellate a Civitavecchia e a Cagliari: aveva la chioma troppo liscia e ordinata , attirava l'attenzione. Ma non hanno ottenuto l'aiutino che chiedevano. anche gli operai di portovesme avrebbero potuto utilizzare meglio gli spazi televisivi. L'indomani del fatto tutti i miei amici dicevano: hai visto quello della lega è andato via perche l'operaio gli ha detto: non rompere i coglioni! Un grande! il messaggio è stato recepito immediatamente ma a cosa è servito? Io sono uno di quelli che pur solidarizzando con tutti i sardi disoccupati non riesco a essere travolto dall'entusiasmo per questo genere di petizioni alimentari. purtroppo sino a questo momento il malcontento di qesti operai ha favorito i peggiori politici sardi.E' ora di cambiare!

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