Si è concluso il tour de force del Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano in Sardegna.
Una visita che porta con sé tanti aspetti da considerare.
Il primo aspetto da considerare è l’accoglienza che ha avuto da parte di amministrazioni ed amministratori, siano questi regionali o comunali. Il Presidente della Regione, il Ragionier Cappellazzi Ugo, quello che circa due settimane fa parlava di Natzione sarda e di Popolo sardo si inchina all’ingresso del Presidente con gran solennità, dal basso della sua pochezza d’intervento e di governo e col leccaculismo tipico di chi è e vuol essere in condizione di subalternità assoluta. Chiede aiuti, sorride, fa regali doppi insieme al Presidente del Consiglio Regionale Claudia Lombardo e chiede ancora carità. E la chiede questa volta ad un uomo che rappresenta un’istituzione che ha ben pochi poteri decisionali. Poco importa se si stesse rivolgendo al Presidente di uno Stato che ci è debitore per circa 10 miliardi. Poco importa se la crisi in cui versa la Sardegna sia causata anche dalla mancanza prolungata di quei denari che mancano nel nostro tessuto sociale, infrastrutturale e politico. China la testa da servo e tende la mano per confidare nella bontà istituzionale.
Massimo Zedda, votato alle Comunali di Casteddu anche da indipendentisti, condanna pesantemente l’indipendentismo sia questo di ProgReS, o di iRS etc. Poco importa se i Sikitikis che tramite il frontman Diablo sono direttamente collegati a ProgReS e quindi all’indipendentismo, si siano schierati pubblicamente e abbiano messo la faccia anche artistica per la sua elezione. La condanna è totale, senza nessuna distinzione per quei fischi e insulti al Presidente Napolitano. Preciso che a me è piaciuto il modo in cui è stato eletto, voluto assolutamente dai cagliaritani. Preciso che mi piace il suo modo nuovo di rapportarsi alla realtà di Cagliari e il suo modo di governarla. Ma da indipendentista mi sento offeso da quella generalizzazione.
Il Presidente Napolitano incontra anche i genitori di Rossella Urru, cittadina di Samugheo che è nelle mani di rapitori algerini dalla notte tra il 22-23 ottobre 2011. Poco importa se Rossella sia diventata il simbolo di un silenzio che cade sulle situazioni sarde, siano queste di ordine sociale, politico o addirittura umanitario, come in questo caso. Per questo non mi sembra un eccesso di nazionalismo o sardismo andare in parte contro la nostra conterranea Geppi Cucciari e dire che Rossella è prima di tutto sarda e poi, se vogliamo, anche italiana. E’ sarda perché fa parte di quei pezzi di Sardegna dimenticati da uno Stato che ogni volta fa di tutto per dimostrarci che non ci vuole stare a sentire.
Sorvoliamo poi sul convegno organizzato da qualche associazione non-culturale “Il contributo della Sardegna all’Unità d’Italia”, con la sfilata del solito patriottismo made in Italy cui si aggiungono poi le bandierine tricolore donate ai bambini inconsapevoli affinché sin da subito siano battezzati all’italianità della Sardegna.
C’è stato anche l’incontro con i sindacati e i rappresentanti delle aziende in crisi tra cui Alcoa, Eurallumina, Vinyls, Legler, Rockwool, ex Ila e Keller di cui non ho sentito nulla. Posso però intuire la solita richiesta, Rockwool a parte, di riaprire fabbriche che fanno parte di un piano di industrializzazione della Sardegna che era già vecchio e dannoso quando è nato negli anni ’60, figuriamoci adesso. Spero che Rockwool qualche esempio lo possa dare, anche se questo va contro sindacati e classe politica, che perderebbero così parte delle tessere o dei voti sicuri.
Un bel po’ di aspetti da considerare anche nella visita di Sassari, dove il Presidente della Repubblica italiana viene invitato a celebrare i 450 anni dell’ateneo tattarese. E dove viene omaggiato con l’onorificenza più alta della città: il Candeliere d’Oro speciale. Per capirci, nel 2005 fu omaggiato nientepopodimeno che Francesco Cossiga, ex Presidente della Repubblica italiana. Quello che tra le altre cose si vantava di non aver mai fatto nulla per la Sardegna, per capirci.
Anche in quest’occasione, altro patriottismo italiano: discorso di Manlio Brigaglia su “L’Università di Sassari nella Storia dell’Italia unita”. Chissà se avrà raccontato di quando i maestri pestavano le mani e non solo ai bambini che si azzardavano ad affermare con “eja!”.
Per tornare però al discorso degli indipendentisti, apro una considerazione a parte. Quanto ha dichiarato Massimo Zedda mi offende ma mi fa anche riflettere su come l’indipendentismo sardo sia visto all’esterno. Ed è visto come entità unica anche se non di certo indivisibile come la Repubblica italiana, come hanno raccontato in decenni di indipendentismo le scissioni e i frazionamenti in piccoli satelliti. Mi offende ma mi fa anche affermare che non faccio parte di quell’indipendentismo che con i fischi e le urla tende a vanificare quanto fatto di buono in precedenza. L’esperienza del Comitato Sì Nonucle, abbandonata dai vari leader indipendentisti forse perché veramente troppo positiva e coinvolgente, dovrebbe insegnarci che la maggior parte delle volte senza aggressività, con inclusività e coinvolgimento delle persone, con la sensibilizzazione su varie tematiche e con l’azione politica capillare si può fare molto, molto bene. Ed infatti il referendum consultivo fu una vittoria del Popolo sardo che diede l’esempio a tutto il mondo.
Ecco, fu un esempio di blocco indipendentista funzionante proprio per la sua comunicazione costruttiva, aggressiva nel modo giusto e che non si perdeva certo alle prime obiezioni, come troppo spesso succede.
Perché non riprenderla?
Perché non abbandonare il troppo folklore di certe pessime rappresentazioni teatrali come i fischi e gli insulti da stadio per intraprendere qualcosa di più coinvolgente e costruttivo, che tra l’altro ha già avuto successo nella sua formula?
Certo, non dico e non predico Unidades, è da un bel po’ che ho capito che non funzionano. Ma troviamo una formula buona (una mia idea l’espressi qui: http://inlibertade.blogspot.com/2012/01/una-nuova-e-definitiva-fase.html). Abbandoniamo certi aspetti che non fanno altro che allontanare a priori gli “ignoranti”, quelli che ignorano di cosa sia fatto l’indipendentismo sardo e che andrebbero informati (e formati) meglio.
Perché l’indipendentismo sardo non è unico ed indivisibile e c’è chi davvero si impegna concretamente per la costruzione della Repubblica di Sardegna.
De Deximeputzu, Regioni de Casteddu, Sardigna
Restiamo Sardi