giovedì 28 gennaio 2016

Immortale sei


E chissà in quanti stanno a guardarti da lontano, ad osservarti cercando di scrutare i tuoi pensieri per trovare il modo per aggirarli. Per quanto fascino trasudi, per il tuo saper essere sottilmente sarcastica, per l’intelligenza lampante che traspare anche in poche righe scritte, immagino saranno in tanti a provare a prenotare uno spazietto dentro di te, qualsiasi esso sia e qualsiasi sia la sostanza che lo componga

Bramano il tuo corpo, soprattutto perché è parte di te. Per quanto caldo e accogliente possa essere il tuo ventre o per quanto possano essere pieni di vigore i tuoi seni tutto viene sempre dopo ciò che sei, di questo devi assolutamente andare orgogliosa. Molte persone non accettano che una persona riesca a farsi compagnia da sola, ad appagarsi col proprio essere e a percorrere le strade scelte con sicurezza e a volte con temerarietà, senza stare troppo a pensare a quello che si lasciano indietro o dall'altra parte della scelta. In un certo senso è una tenera forma di invidia quella, ché ti vedono inscalfibile e impenetrabile.

Sembri impenetrabile.

Chissà quanti sacrifici e quante elaborazioni ti ci sono volute per raggiungere questo tipo di equilibrio. Chissà se c’è quello spazietto, uno spioncino sulla tua anima, un buco della serratura dal quale poter spiare il tuo sentire per poi cercare di elaborare quale forma d’amore cerchi, se la cerchi. Questo rende le persone come te attraenti e irrinunciabili, quel mistero col quale anche involontariamente vi decorate e col quale inavvertitamente riuscite a fare festa.

Io personalmente ti vedo invincibile. Ci sono due sole cose in grado far morire le persone: la morte e l’amore. La morte ti ucciderebbe ma ti farebbe ancora più bella, ancora più viva. L’amore non riuscirebbe ad ucciderti, mai.


Ed è questa la ragione per cui io ti vedo invincibile.

Immortale sei.

giovedì 14 gennaio 2016

Il fuoco fatuo del vizio


E continuava a guardarla, quella fiammella blu. Sguardo incessante su quel fuoco fatuo del vizio.

La guardava come se in quel momento fosse l’unica salvezza in quello sguardo perso, colmo di pensieri, assuefatto da ricordi e da pressoché vane speranze.

Mentre quella fiammella danzava sciolta come una ballerina di Flamenco, si accorgeva di essere assorto nei suoi ragionamenti perversi, distruttivi più che altro, e nel frattempo buttava la sigaretta nel fuoco. 

Era torturato da quella sua temporanea fragilità, propria di ogni vizio, da quel filo sottile sul quale si ritrovano a camminare perse le vittime. Perché di vittime si trattava. Vittime di una bottiglia, di una sigaretta, di una canna, di una busta di bamba, dell’LSD o dell’MDMA, dei tasti di una macchinetta che mangiava i soldi del giocatore di video-poker, di chi non avrebbe avuto pressoché nessun problema con le donne ma preferiva pagare per scoparsi una bella figa.

Si chiedeva il perché, rifletteva su quale fosse la lacuna affettiva e quale l'alone di insicurezza che spingesse le persone a cadere in quel vortice di emozioni negative, a dar retta al canto di quelle sirene che avrebbero le avrebbero spinte in un abisso dal quale non sarebbero riuscite a venir fuori, a trovare l’ossigeno necessario per i loro polmoni e a quando sarebbero morte nell’anima prima di finire sole, tristi e sconsolate in una bara di indifferenza ed emarginazione. Vittime dei vizi prima, dei pregiudizi e dei giudizi poi. Debolezze delle quali fingevano di non accorgersi e che poi cercavano di nascondere sotto i tappeti della vergogna per non inciampare ancora negli sguardi dubbiosi e sprezzanti della gente di quel piccolo borgo in cui vivevano. Un vortice esplosivo, uno di quei tunnel nei quali non scorgi nessuna mano che ti prende, che ti aiuti e ti accompagni, nessuna luce di alcun faro o dell’uscita, niente di niente. Sputi in faccia ed emarginazione. Poiché è molto più semplice e sbrigativo emarginare rispetto al cercare di comprendere le ragioni di quegli attimi.

Intanto le note e le parole di quella canzone continuavano a picchiare forte sul parabrezza dello sconforto:

 “Society you’re a crazy breed
I hope you’re not lonely without me
Society, crazy and deep
I hope you’re not lonely without me”

Ora qualche lacrima, come una freccia scagliata nel profondo dell’anima, scendeva a dare un po’ di sale e sollievo a quelle labbra asciutte.
La fiammella blu si era spenta. 

Era il frutto di quelle poche gocce di Fil’e ferru che rimanevano nel bicchiere e che lui buttava nella piastra di ghisa del caminetto, per poi dar loro fuoco con l’accendino. Era il suo modo per cercare di esorcizzare i pensieri che prendevano vita.


giovedì 7 gennaio 2016

Finalmente noi



Mi rimproveri di pensare solo a quello, ma non è così. Certo poi che mi piaci. Certo che ti guardo, che osservo le linee tenui che delineano il tuo corpo. Certo che adoro il modo in cui ti muovi, in cui mi parli, in cui ti avvicini a me e mi sussurri le frivolezze tipiche del primo incontro in un orecchio, in questo posto fatto di rumore intorno.

Mi chiedi se vorrei possederti? Ma certo che sì, io voglio tutto di te. Voglio succhiarti l’anima e voglio farmi succhiare l’anima da te, voglio che queste nostre anime si prendano per mano e che inizino a cantare verso il cielo stellato una canzone che parla di noi.

Voglio che questa canzone racconti quello che siamo, quello che abbiamo vissuto da soli, quello che stiamo vivendo e preannunci quello che vivremo assieme. Voglio che ogni nota sia uguale ad ogni nostro respiro, che ogni accordo sia composto dai nostri gemiti, che le carezze che ci scambiamo siano le parti dell’adagio del nostro vivere e del nostro combattere per averci.

E voglio poi che ogni battaglia che condurremo in questa guerra sia sofferta, che ci facciamo del male e che questo male sia sconfitto dal bene che possiamo, se vogliamo. Quindi certo che voglio lo scontro, perché questo forgerà un altro scontro e poi ancora scontro, ma alla fine porterà ad un incontro.  

Non parliamo troppo, quindi. Viviamoci.

Finalmente noi.