giovedì 14 gennaio 2016

Il fuoco fatuo del vizio


E continuava a guardarla, quella fiammella blu. Sguardo incessante su quel fuoco fatuo del vizio.

La guardava come se in quel momento fosse l’unica salvezza in quello sguardo perso, colmo di pensieri, assuefatto da ricordi e da pressoché vane speranze.

Mentre quella fiammella danzava sciolta come una ballerina di Flamenco, si accorgeva di essere assorto nei suoi ragionamenti perversi, distruttivi più che altro, e nel frattempo buttava la sigaretta nel fuoco. 

Era torturato da quella sua temporanea fragilità, propria di ogni vizio, da quel filo sottile sul quale si ritrovano a camminare perse le vittime. Perché di vittime si trattava. Vittime di una bottiglia, di una sigaretta, di una canna, di una busta di bamba, dell’LSD o dell’MDMA, dei tasti di una macchinetta che mangiava i soldi del giocatore di video-poker, di chi non avrebbe avuto pressoché nessun problema con le donne ma preferiva pagare per scoparsi una bella figa.

Si chiedeva il perché, rifletteva su quale fosse la lacuna affettiva e quale l'alone di insicurezza che spingesse le persone a cadere in quel vortice di emozioni negative, a dar retta al canto di quelle sirene che avrebbero le avrebbero spinte in un abisso dal quale non sarebbero riuscite a venir fuori, a trovare l’ossigeno necessario per i loro polmoni e a quando sarebbero morte nell’anima prima di finire sole, tristi e sconsolate in una bara di indifferenza ed emarginazione. Vittime dei vizi prima, dei pregiudizi e dei giudizi poi. Debolezze delle quali fingevano di non accorgersi e che poi cercavano di nascondere sotto i tappeti della vergogna per non inciampare ancora negli sguardi dubbiosi e sprezzanti della gente di quel piccolo borgo in cui vivevano. Un vortice esplosivo, uno di quei tunnel nei quali non scorgi nessuna mano che ti prende, che ti aiuti e ti accompagni, nessuna luce di alcun faro o dell’uscita, niente di niente. Sputi in faccia ed emarginazione. Poiché è molto più semplice e sbrigativo emarginare rispetto al cercare di comprendere le ragioni di quegli attimi.

Intanto le note e le parole di quella canzone continuavano a picchiare forte sul parabrezza dello sconforto:

 “Society you’re a crazy breed
I hope you’re not lonely without me
Society, crazy and deep
I hope you’re not lonely without me”

Ora qualche lacrima, come una freccia scagliata nel profondo dell’anima, scendeva a dare un po’ di sale e sollievo a quelle labbra asciutte.
La fiammella blu si era spenta. 

Era il frutto di quelle poche gocce di Fil’e ferru che rimanevano nel bicchiere e che lui buttava nella piastra di ghisa del caminetto, per poi dar loro fuoco con l’accendino. Era il suo modo per cercare di esorcizzare i pensieri che prendevano vita.


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