Decimoputzu,
un paese al centro del Campidano, al centro di una delle pianure più
fertili del Mediterraneo. Uno dei paesi più antichi della Sardegna,
come dimostrano la continuità abitativa tra le più continue in
assoluto, i siti archeologici come la Tomba dei Guerrieri a Santu
Iroxi (1.600 a.c. circa) o il Nuraghe Su Casteddu de Fanaris al
confine con Vallermosa, tra i Nuraghes più importanti del Sud
Sardegna (se non il più importante) lasciato tuttora abbandonato al
proprio destino.
Un
paese in cui l'agricoltura fa tuttora da padrona, nonostante la
scelleratezza della famigerata legge 44/88 ne abbia indebolito non
poco la struttura portante, tra debiti e more, pignoramenti, vendite
all'incanto delle aziende per due soldi etc. Un paese che tra gli
anni '80 e fino almeno a metà anni '90 era tra i più ricchi della
Sardegna, trainato proprio dall'agricoltura.
E
poi cos'è successo? Decimoputzu si è spenta lentamente,
inesorabilmente. Le vie si sono spopolate pian piano, la storica Via
Grande e i giardini pubblici, sempre popolatissimi, rimandano ora eco
sordi e tristi, i negozi storici hanno chiuso così come molte nuove
attività. Come se un cataclisma si fosse riversato sull'intero
paese, non riconosco più la mia Decimoputzu, quella che avevo
conosciuto da ragazzino.
Ecco,
il mio paese oggi risulta spento, anonimo. Si vede dal decoro urbano:
erbacce alte, cartelli arrugginiti, strade tipo piste da rally, muri
imbrattati di teppismo, verde pubblico preda dell'incuria e delle
intemperie. Non ci sono soldi, a quanto si dice.
Ed
invece è proprio da qui che deve ripartire, secondo la mia visione,
la mia Decimoputzu.
La
mia Decimoputzu ha un grandissimo cartello in tutti gli ingressi con
scritto “Beni benius a Deximuputzu” (e non Deximeputzu come
ora, poiché sono riusciti a sbagliarne anche il nome!) e negli
stessi ingressi ha delle aiuole con dei fiori colorati tutto l'anno.
La pavimentazione delle strade non dico che deve essere perfetta
dappertutto ma decente, percorribile, a prova di sospensioni. Il
verde pubblico è curato con la supervisione di professionisti del
verde e dell'addobbo casalingo ed extra-casalingo, con delle piste
ciclabili dove possibile e dei limitatori di velocità che consentano
a ciclisti e pedoni di potersi permettere anche qualche distrazione
senza correre il rischio di essere investiti, il tutto a favore di
una viabilità sostenibile ed un cospicuo aumento della salubrità
dell'aria. Perché la mia Decimoputzu deve attrarre le persone. Non
solo turisti, ma soprattutto quelle persone che non riescono a
comprare casa a Casteddu o nei pressi di Casteddu e sono costrette a
scegliere un paese. Bene, ora come ora io il mio paese non lo
sceglierei mai se dovessi guardare il decoro urbano. E come
pretendiamo la ripresa dell'edilizia paesana senza decoro urbano? Un
paese senza decoro urbano equivale ad una rosa senza petali.
La
mia Decimoputzu è turistica. Non si possono lasciare abbandonati
a se stessi o con un cartello di segnalazione (quando è presente!)
il gran numero di reperti archeologici come quelli già citati
all'inizio , come fattorie e mulini romani, come menhir (sono oltre
una quindicina). In altre nazioni con queste cose ci campano migliaia
di persone mentre noi le trattiamo come “cuatru perdas postas una
impitzus a s'artra”. La mia Decimoputzu vuole rivalutare queste
risorse rivalutando se stessa, con coraggio, determinazione e
responsabilità. Essa crea un prodotto turistico cucito su misura che
non sia fatto solo delle feste e sagre paesane, con tutto il rispetto
e il piacere che provo per queste ultime che, tra l'altro, attraggono
migliaia di persone. Decimoputzu non merita un “Beni benius”
all'anno, per Decimoputzu devono essere Beni benius tutto l'anno! Si
devono seguire i flussi turistici delle varie parti del mondo, non si
può pretendere che un norvegese venga a Decimoputzu in agosto.
Facendo questo, il mio paese incentiva ad esempio il recupero delle
case abbandonate e la loro trasformazione in B&B, agriturismo e
strutture ricettive in generale.
La
mia Decimoputzu è artistica e culturale. Promuove e incentiva
l'arte e tutto quello ad essa correlato in tutte le sue forme e le
sue espressioni. Organizza corsi e concorsi di musica, pittura,
scultura, scrittura, recitazione e chi più ne ha più ne metta.
Tutela la lingua sarda e ne promuove corsi gratuiti e non, promuove
la storia sarda incentivando e organizzando approfondimenti, sfilate
e rievocazioni di avvenimenti storici, rappresentazioni teatrali
etc.. Perché arte, cultura, archeologia e turismo devono
assolutamente andare di pari passo.
La
mia Decimoputzu è ovviamente agricola, effettua corsi
d'aggiornamento per gli agricoltori, promuove sistemi associativi
tipo le cooperative, istituisce commissioni di controllo nei mercati
all'ingrosso per verificare che i commercianti paghino al produttore
il dovuto, incentiva le produzioni a scopo nutrizionale e fa rete con
le strutture ricettive affinché si privilegino le produzioni locali
prima di quelle che vengono da fuori.
La
mia Decimoputzu è aggregativa e democratica. Accorcia le
distanze tra politica e cittadini promuovendo la formazione di
comitati, associazioni, consulte di giovani ed anziani affinché
tutti possano contribuire al governo del paese con spirito di
solidarietà, rispetto, fratellanza ma anche responsabilità. Nella
mia Decimoputzu l'astensionismo è quasi inesistente, si recano a
votare per il nuovo sindaco il 90% minimo degli aventi diritto e si
creano le possibilità per disabili ed anziani di andare ad esprimere
il loro pensiero. Prima delle elezioni è d'obbligo il confronto
pubblico tra i candidati esposti alle domande e alle valutazioni del
pubblico in merito ai loro programmi e alle loro intenzioni. Perché
scrivere è facile, è guardando negli occhi le persone e sentendole
parlare che ne capisci le intenzioni.
La
mia Decimoputzu è tecnologica. Rapportandosi con la parte
turistica e non solo, il mio paese si dota di wi-fi in tutti i suoi
punti, ovunque ci si trovi e magari con collegamenti USB nei vari
siti turistici dove poter scaricare sul proprio dispositivo le
informazioni che interessano. Decimoputzu è in rete, in continua
promozione e chi ricerca le informazioni su di essa le trova tutte
lì, in rete.
La
mia Decimoputzu è ecosostenibile. Fa dell'aria pulita, del buon
mangiare e del buon vivere un suo punto di forza. Incentiva
l'autosostenibilità energetica, la filiera corta
dell'agroalimentare, il camminare a piedi o in bici che di questi
tempi, col costo del carburante, non è male, si dota insieme ad
altri paesi del circondario di una circonvallazione per impedire che
i mezzi pesanti congestionino il traffico e l'aria paesana.
La
mia Decimoputzu è sana e ama lo sport. Fa di esso una parte formante e
fondamentale sin dai primi anni di vita, fonte aggregativa e anche
prestigiosa, promuove le nuove discipline preservando comunque le
classiche, premia la storia delle vecchie società affinché da
queste si prenda esempio per crearne altre altrettanto robuste. Fa
della prevenzione un perno su cui muoversi organizzando
periodicamente visite specialistiche gratuite.
La
mia Decimoputzu ama gli animali, combatte il randagismo con
sterilizzazioni mirate, gli abbandoni garantendo multe salate a chi
abbandona il proprio amico a 4 zampe e/o a chi viene sorpreso a
maltrattarlo, si dota di un canile municipale gestito da volontari e
sostenuto da donazioni di amici degli animali e ausilio di
associazioni.
La
mia Decimoputzu è solidale e tollerante. Tende a non creare differenze
sociali, cerca di recuperare i bisognosi d'aiuto, crea dei gruppi
contro le dipendenze, qualsiasi esse siano, vero male sociale da
combattere con tutte le forze. Non fa nessuna differenza di razza, religione o ceto sociale, perché tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri.
La
mia Decimoputzu è il paese che sogno, un paese dove far vivere i
propri figli e i propri nipoti con grande tranquillità ed un pizzico
di orgoglio. Perché pur essendo contento di vivere dove vivo, sono
consapevole che c'è tanto da fare in questo piccolo paese. Ed io
vorrei farlo, e vorrei che tutti lo facessero.
Ciao, Enrico. Mi rifaccio vivo, dopo tanto tempo che non entravo più neanche nel mio blog. Sono un po' scazzato per via di certi avvenimenti, perciò preferisco non esprimere quello che sento dentro. Ho letto con interesse questo post su Decimoputzu e devo dirti che mi trovi d'accordo su tutta la linea. Purtroppo non sono d'accordo i nostri amministratori a cui non frega nulla se in centro, sull'orlo dei muri spunta "su cardamobenti" o qualcuno rischia una lacerazione al piede per aver calpestato un coccio di vetro. Ai nostri amministratori frega davvero poco di valorizzare i nostri siti archeologici: è tutta roba vecchia, di cui nessuno sa quasi neanche il nome. Ai nostri amministratori frega poco della sosta selvaggia, a meno che chi parcheggia in doppia fila per un secondo non sia un povero diavolo che in fretta si ferma a comprare il giornale (se invece è il bullo che sta mezz'ora al bar per bersi un caffè, beh, allora è un'altra storia). Sono tornato a vivere in paese con la convinzione che avrei trovato un luogo a misura d'uomo e invece... L'unica misura che vige è quella del menefreghismo e del vivi e lascia vivere. Certe notti estive non posso lasciare la finestra aperta perché l'aria puzza di plastica bruciata. E dire che i miei nonni si lamentavano invece della puzza di cacca di pecora! Ma il "profumo" di stallatico non uccide nessuno! E così, meno di trent'anni fa, quando andai a vivere a Cagliari, lasciai quasi a malincuore questo paese, ma ora rimpiango il mio vecchio quartiere, a due minuti dal mare, pulito e meno caotico di Decimoputzu. Un'ultima osservazione: mia madre, mio nonno, io e anche tuo padre, credo, in sardo il nostro paese lo chiamavamo Deximoputzu (con la "o" che veniva fusa dentro una "a"). Per comodità i nostri amministratori, per non sentirsi troppo "biddunculusu" hanno preferito la pronuncia alla cagliaritana!
RispondiEliminaP.S. Il post con cui oggi ho riaperto il blog, purtroppo, parla della scomparsa di Snoopy.